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Vaccinare i giovani. Ma siamo proprio sicuri?


In questa settimana 
abbiamo parlato di libertà e vaccinazione (Uno) regole e informazione (Duee dei limiti dell'informazione (Tre). E quindi di buona informazione come alternativa migliore dell'obbligo (Quattro) e degli effetti avversi lasciati in mano ai no -vax." (Cinque) e della copertura data dai vaccini (Sei)

I dati sulla protezione dal rischio di essere contagiosi non sono buoni (vedi post sei -  Ma quanto proteggono i vaccini?).

Se ai tempi della variante inglese la protezione (con Pfizer e Moderna) era del 90%, dopo le cose si sono complicate.
Calcolare o stimare i livelli di protezione contro il rischio di essere contagiosi in una fase di transizione da una variante ad un’altra è difficile. Inoltre i dati sono “ballerini” perché ci si deve basare su un numero di tamponi (tipizzati) basso. Però, adesso il silenzio sta diventando imbarazzante.
Nessuno racconta “quanta” sia la protezione, ma oramai sembrano tutti sono concordi che con la variante indiana la protezione contro la trasmissione del contagio non sia buona. Ma il “quanto” non è un dettaglio. Non è una curiosità.

Se per gli anziani e per i “diversamente giovani” il vantaggio individuale del vaccinarsi è assolutamente rilevante, e lo stesso vale, sia pure in misura un po’ minore vale per i 40enni, quando si vaccinano i giovani, soprattutto gli under20, ma non solo, l’obiettivo più rilevante è il contenimento della trasmissione del contagio.
Intendiamoci, anche tra i giovani c‘è la possibilità di “finire intubati in terapia intensiva”, ma la probabilità è molto bassa. Insomma per i giovani parrebbe giusto proporre il vaccino per chi lo desidera, ma i rischi da malattia non sono tali da giustificare forzature. Il “razionale” della vaccinazione è contenere il contagio.
Abbiamo già scritto in passato che per tenere le scuole aperte non serve tanto vaccinare i giovani, ma vaccinare il personale della scuola, vaccinare i genitori ed i nonni. E poi, ovviamente, piena libertà di vaccinare tutti i ragazzi per cui è utile o che lo desiderino.
Si spinge la vaccinazione anche dei giovani per evitare che i giovani funzionino da diffusori del contagio. Ma questo ha un senso se la vaccinazione riduce in maniera significativa la probabilità di essere contagiosi. 
In Germania STIKO ha autorizzato l'uso dei vaccini a mRNA dall'età di 12 anni, ma non ha dato l'indicazione alla vaccinazione. La cosa ha suscitato molta irritazione nel mondo della politica. Ma ha anche aperto un dibattito che in Italia non è stato neppure accennato.

Quanto c’era la variante alfa (inglese) la protezione era del 90% con i vaccini di Pfizer e Moderna. Non elevatissima, ma tale da portare certamente benefici molto rilevanti. Ma oggi quale è la situazione?
Da noi sotto la spinta di chi voleva fare tanti numeri (facendogliela vedere agli altri paesi europei…) siano riusciti a fare gli Open Day rivolti ai giovani utilizzando AstraZeneca, che per certo, già all’epoca, dava una bassa protezione contro il rischio di essere contagiosi. Adesso c’è il silenzio più assoluto su questo aspetto.

Ora, sicuramente “è meglio se sono vaccinati in tanti” perché comunque la contagiosità si riduce. Ma il gioco (il “rischio”) vale la candela? Se sì, sarebbe logico che le istituzioni ce lo facessero capire chiaramente. Con i dati. Non con gli slogan.
Qualcuno sicuramente dirà “Si ma occorre vaccinare per evitare le varianti”. Ora, lasciamo perdere le sciocchezze di chi dice che i vaccini creano le varianti. Ma a livello mondiale stiamo vaccinando 2,5 miliardi di persone. 5 miliardi restano non vaccinate. 
Le varianti nascono di lì. Non dal avere vaccinato o dal non avere vaccinato un po’ di giovani in più o in meno nei paesi Europei.
Potremo darci una risposta. Ma resta il fatto che la risposta che ci diamo qui non sostituisce la risposta delle istituzioni.

Carlo (07 di 12)




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