Coronavirus a Grugliasco e in Piemonte: il tempo delle domande, parte prima
Quanti
sono stati i casi di contagio da Covid 9 a Grugliasco? Quanti i morti? Il
sindaco suggerisce di guardare il sito delle Regione Piemonte, ma i dati che ci sono lì non dicono niente.
Quei numeri, cosa
sono? A quando sono aggiornati? E nella Casa di riposo diventata tristemente famosa sono stati tutti
sottoposti a test? Sono guariti? E cosa si è fatto per le famiglie con un caso
in isolamento domiciliare? Si è trovata una sistemazione per allontanarlo dal
nucleo famigliare? E per le mascherine, come siamo messi? Come saranno i
trasporti pubblici alla ripresa del lavoro? E a Grugliasco la Polizia
Municipale ha poi fatto un po’ di controlli sui prezzi?
Insomma alcune informazioni sono prettamente locali, per
altre ci vuole qualche giorno. Ed è
sicuramente la Regione Piemonte che può e deve dare le informazioni. E così
Grugliasco Democratica, oltre che al sindaco per le questioni locali, non può che rivolgersi al Presidente Cirio ed
all’Assessore Icardi.
Parte 1 – I TAMPONI
E’ stato correttamente
spiegato che l’epidemia da Covid19 fa paura perché affrontiamo un avversario
sconosciuto, invisibile. Ma quasi tutti
trascurano di sottolineare che anche non sapere cosa viene fatto
per affrontare l’epidemia ci pone di fronte all’ignoto e genera altra ulteriore
apprensione e paura.
Sicuramente a livello
nazionale l’informazione istituzionale in corso di epidemia è partita bene e
ragionevolmente fino a un mese fa era difficile fare molto di meglio. Ma la
Protezione Civile è rimasta prigioniera
di se stessa e, come prevedibile, è emersa l’inadeguatezza - a partire dal look
con maglioncino paramilitare - su molti aspetti delicati.
Anche i media hanno
dimostrato una grave inadeguatezza, non tanto per avere proposto come esperti
personaggi improbabili, ma soprattutto per non avere avuto la capacità di usare
i singoli esperti nel campo di loro competenza. Da almeno un mese, invece, c’è un forte bisogno di comunicazione sui dettagli, sugli aspetti locali,
quelli relativi alle propria Regione, così nella gara tra
Presidenti ed Assessori in cui tutti si barcamenano tra la tentazione di
pavoneggiarsi ed il desiderio di essere altrove, la Regione Piemonte è riuscita
a sparire.
✔ è un diritto
soggettivo delle persone. Un diritto strettamente connesso con il benessere
soggettivo;
✔ richiede di monitorare
e misurare ciò che accade e ciò che viene fatto. Garantire una corretta
informazione quindi porta ad una corretta gestione delle misure di
tutela della salute che si è deciso di attuare;
✔ è indispensabile per
conoscere e per comprendere cosa accade. L’informazione è quindi fondamentale
per decidere correttamente quali scelte attuare.
Quindi se riceviamo
un’informazione adeguata, abbiamo anche maggiori garanzie che coloro che hanno
responsabilità stiano effettivamente facendo ciò che devono. E siccome la
fiducia è una cosa seria, noi non ci possiamo fidare a scatola chiusa. Per
noi. Per chi ci ha votato. Per chi vive a Grugliasco. Ed ovviamente per tutti
gli altri.
Ci sono almeno 3 assi di comunicazione che
devono essere garantiti dalla Regione Piemonte come dalle altre Regioni:
A)
Come
avviene la sorveglianza dei casi sospetti e dei contatti e quali siano gli
esiti della sorveglianza;
B)
Quale
sia la situazione sanitaria;
C)
Quali
sono le misure che sono state messe in atto, sia sul piano delle misure
strutturali, sia su quello dei dispositivi di protezione.
Ma se cerchiamo le
informazioni ufficiali, in Piemonte
troviamo una mappa interattiva utile forse a togliersi la curiosità, non a
capire. I dati giornalieri sono poco pubblicati in modo da non agevolare
confronti. Per altro verso troviamo elenchi di cose fatte o di cose successe,
privi di ogni logica informativa. Insomma sembra che la
Regione non voglia o non sappia raccontarci l’epidemia in Piemonte. E l’ipotesi peggiore e che non
lo sappia fare, perché le informazioni sono indispensabili per le scelte da
fare.
Occorre innanzitutto
che comprendiamo bene che i dati forniti quotidianamente dalla Protezione
civile non descrivono l’epidemia, ma sono parametri che forniscono una
descrizione generale del processo sanitario in atto. Le difficoltà che
incontrano gli epidemiologi chiamati ogni giorno a spiegare “quando è il picco
dell’epidemia”, dipendono molto dall’approccio troppo compiaciuto con cui per
diverse settimane la Protezione Civile ha fornito le informazioni.
Tra un po’, con gli strumenti che sono stati
approntati (i test sierologici) si potrà fare una descrizione di come si è
diffuso il contagio. Ma questa è un’altra storia, e per ora, si deve attendere. Oggi vediamo quali sono
le informazioni che vogliamo ricevere sulla sorveglianza dei casi di Covid
19 e sugli esiti di questa sorveglianza.
Nei prossimi giorni vedremo il resto….
Sorveglianza dei casi
sospetti e dei contatti ed esiti della sorveglianza.
Le informazioni che
vengono diffuse sono assolutamente carenti e devono essere integrate. Ed i dati
devono essere prodotti almeno su base provinciale; la dimensione regionale
ha scarso significato per capire e per agire. Sappiamo tutti che i
tamponi sono fatti principalmente su persone per le quali si sospetta il
contagio e su contatti delle persone contagiate, pensiamo che sia
veramente opportuno non fare il tampone a tappeto, a tutti. Ma in Piemonte
non si è riusciti - e non si riesce - a fare il tampone neppure a persone per
le quali è indispensabile farlo.
Oggi ci viene detto quanti
tamponi sono fatti e quanti tamponi sono risultati positivi.
✗ Se non ci soffermiamo a
riflettere su questa informazione, potremmo pensare che in fin dei conti manca
solo il dettaglio del dato locale, della provincia.
✗ E poi, che magari
sarebbe utile sapere quanti di questi tamponi (e tamponi positivi) riguardano persone ricoverate in ospedale, quanti
riguardano degenti in RSA, quanti
riguardano operatori sanitari, quanti sono fatti a casa.
Queste sono
informazioni facili da produrre. E vogliamo veramente credere che la Regione
Piemonte non le produca giornalmente? Purtroppo
qualche dubbi ci è venuto.
In queste settimane le
voci si rincorrono. Non si parla solo delle comunicazioni dei medici di
famiglia ai SISP / ”Unità di crisi” che
sono andate perse. Si parla di pazienti che attendono da settimane il
tampone. Si parla di tamponi dimenticati sulle scrivanie per giorni. Si
parla di Dipartimenti di Prevenzione che non hanno caricato i dati di
propria competenza, non per giorni, ma per settimane. Si parla di una farraginosità del
programma prodotto dal CSI, che rallenta molto il caricamento dei dati.
Durante un’epidemia non
bisogna dare troppo peso alle voci, ma pensiamo che queste voci siano note
anche all’Assessore Icardi, se in alcune ASL le
“Unità di crisi” sono state commissariate.
E allora è necessario che la Regione informi anche su questi aspetti. Ma torniamo a bomba
ai tamponi.
I dati che ci vengono
forniti, sono molto ballerini. E c’è il dubbio che ciò accada un po’ per la
strategia adottata che porta, giustamente, ad inseguire casi sospetti, un po’
perché non si riescono a fare i tamponi indispensabili ed un po’ perché non è
garantita una gestione ottimale dei flussi informativi.
Ricordiamoci che ogni
tampone, positivo o negativo, oltre che da una serie di informazioni sulla
persona è caratterizzato almeno da 4 date:
•
la
data della richiesta del tampone,
•
la
data dell’effettuazione del tampone
•
la
data dell’analisi del tampone,
•
la
data della registrazione del risultato nel sistema informativo.
Potremmo immaginare che
quantomeno le ultime 3 date coincidano, ma abbiamo ragione di temere che non
sia così.
Eppure si tratta di
informazioni che non possono non essere registrate. Sembra mancare la
volontà e la capacità di produrre informazioni. Invece, si danno
solo informazioni su quanto prodotto dai laboratori, trascurando di dare
informazioni utili sul piano sanitario ed organizzativo.
Non è difficile
produrre dati un po’ più orientati alla descrizione del fenomeno sanitario. Per
esempio numero di casi positivi (e % dei positivi) in riferimento alla data
della richiesta e, anche, alla data del prelievo. Intervalli richiesta –
prelievo
elevati descrivono l’insufficienza delle risorse dedicate alla sorveglianza. Lo stesso vale anche per l’intervallo
prelievo – analisi, che però può evidenziare anche criticità; intervalli
elevati potrebbero essere causa di un maggior numero di falsi negativi. Se poi l’intervallo
tra analisi e registrazione non è quasi nullo, allora ci sono altre
domande, non meno gravi. Queste considerazioni ci
dicono solo che è facile monitorare il processo di sorveglianza
dell’epidemia e migliorare la qualità di quanto si fa. E’ facile, se si
vuole.
Ma – oggi –
dobbiamo considerare almeno un altro aspetto. Ci viene giornalmente comunicato
il numero di tamponi effettuati ed il numero di tamponi positivi. Ed i relativi
totali dall’inizio dell’epidemia.
A prima vista parrebbe
interessante, ma sono informazioni relative alla produzione. La Regione non ci
dice quale è il numero di soggetti trattati e quale è la finalità dei
tamponi.
Durante lo
screening, per ogni persona può essere effettuato un doppio tampone in caso di
negatività.
Per i
soggetti risultati positivi si devono prevedere ulteriori tamponi per
verificare la negativizzazione. Di solito dovrebbe trattarsi di un doppio tampone,
ma considerati i tempi variabili per la negativizzazione i tamponi possono
essere anche di più.
Ovviamente
tutto ciò incide sul significato della
percentuale di positività dei tamponi.
Quindi, i
casi sono 2:
✗ o i tamponi
effettuati sono molti di più di quelli dichiarati dalla Regione,
✗ o le
persone testate sono molte meno di quelle che apparentemente risultano dai dati
comunicati.
Perciò ci
sembra utile ed opportuno che
giornalmente la Regione comunichi:
✔ quanti sono
in totale i tamponi effettuati nella giornata? E quanti sono i tamponi
positivi?
✔ quante
persone sono risultate nella giornata per la prima volta positive per tampone
per Covid? Quanti sono i tamponi fatti a tal fine?
✔ quante
persone testate nella giornata per la prima volta sono risultate negative?
Quanti tamponi sono stati fatti a tal fine?
✔ nella
giornata, quante persone precedentemente positive sono risultate (dopo il
contagio, a distanza di 14- 28 giorni) negative? Quanti tamponi sono stati
fatti a tal fine?
Tutti i
dati necessari per dare queste risposte sono sicuramente raccolti. Utilizzarli
per una descrizione è molto meno complesso di quanto non appaia a prima vista.
E se parte
delle informazioni è di minore interesse per tutti noi, tali informazioni sono
indispensabili per una gestione razionale delle attività di sorveglianza. E
per noi, essere certi che queste informazioni sono prodotte e considerate,
darebbe molta più serenità.
E se c’è
questo livello di informazione possiamo rispondere ad alcune domande, e magari
migliorare...
Per
esempio:
✗
E’ effettivamente garantita l’effettuazione del doppio tampone per
i soggetti negativi in occasione del primo test?
✗
E poi, successivamente, è garantita l’effettuazione del secondo
tampone in occasione dell’accertamento di negativizzazione?
✗
E questo avviene per i ricoverati in ospedale? Per chi è in
isolamento domiciliare? E avviene anche per gli operatori sanitari?
Perché ci
risulta che sia in strutture di eccellenza come la Città della Salute, sia in
ospedali di provincia, operatori “sospetti”
(con sintomi modesti) negativi al primo tampone non siano sottoposti a secondo
tampone e il caso viene quindi successivamente gestito con incertezza. E così
per persone in isolamento domiciliare.
Se torniamo
a Grugliasco, quante persone sono in isolamento domiciliare? E da quanto tempo?
Chi sta attendendo invano un tampone per documentare la guarigione? E per i famigliari conviventi, qual’è la
situazione?
Insomma
aspettiamo delle risposte. Dalla Regione Piemonte, ma non solo. Ed anche il Sindaco,
se lo ritiene, può partire da queste considerazioni per ottenere dalla Regione
e dall’ASL informazioni dovute. E come al solito restiamo a disposizione. Domani la seconda parte delle domande.
Carlo Proietti
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