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Covid 19: qual è il numero vero di casi? La storia dei Servizi segreti (e dei giornali) deviati

Che i media, con poche eccezioni, siano stati inadeguati durante l’epidemia di Covid19 è un’opinione molto diffusa. Noi pensiamo che siano stati nocivi.
Ma nelle ultime settimane, in vista della crisi di governo, le cose sono cambiate. In peggio. Ovviamente non pensiamo che il problema stia nel fare critiche al Governo Conte e segnalare errori. Pensiamo che nella gestione dell’epidemia di Covid19 siano stati fatti 3 errori: l’inadeguata diffusione di informazioni sull’epidemia, l’App Immuni e l’avere puntato sulle mascherine chirurgiche anziché sulle mascherine filtranti.
In questi giorni alcuni media, oltre a continuare a generare confusione, hanno affermato che i casi di Covid19 sarebbero il doppio di quelli risultanti dai report sull’epidemia. E la fonte di questo scoop sarebbero nientepocodimeno che i Servizi Segreti
Ora dobbiamo chiederci se si tratta di ignoranza, di stupidità o di tentativi di intorbidare le acque a favore di scelte politiche ambigue. Anche perché i ben informati dicono che tra chi dirige i giornali italiani ci siano anche soggetti con rapporti non ben chiari con i servizi segreti. Noi più semplicemente pensiamo che la maggior parte dei media punta sul sensazionalismo invece che provare a fare informazione.
Proviamo a vedere come stanno le cose, ragionando su due dei tre errori; delle mascherine abbiamo già parlato abbondantemente...

La sottostima dei casi di contagio da SARS-Cov-2 in Italia.

Chi dice che i contagi “sarebbero il doppio di quelli risultanti dai tamponi” affidandosi ai Servizi segreti dice 2 cose: 1 sensata e 1 sciocchezza.
In primo luogo occorre avere chiaro che i tamponi sono uno strumento per identificare e tracciare i contagi; innumerevoli ragioni hanno fatto evitare l’uso “a tappeto” dei tamponi (sensibilità e specificità dei tamponi, significatività di brevissima durata del risultato e fattibilità pratica).
I tamponi sono fatti prevalentemente su soggetti sintomatici o su contatti; è un approccio adottato in tutti i Paesi, con qualche rara situazione sparsa per il Mondo di “tamponi fatti a tappeto” in aree circoscritte.
La popolazione sottoposta a tampone non costituisce quindi un campione casuale della popolazione italiana; conseguentemente, dagli esiti dei tamponi non si può direttamente estrapolare la frequenza della malattia nella popolazione generale.
Che le attività di tracciamento portino ad identificare solo una parte dei casi è cosa ben nota, risultante dai media italiani fino dal marzo scorso, quanto i giornali infatti riportavano la notizia che si stimasse che i casi a Wu Han fossero circa 6 volte quelli identificati con i tamponi. E in primavera si supponeva che valesse lo stesso per l’Italia.
Per conoscere la frequenza dell’Infezione in Italia venne pianificata l’indagine sierologica su un campione casuale di 150.000 italiani prodotto dall’ISTAT con prelievi gestiti dalla Croce Rossa.Come credo si ricordi, l’indagine che in origine doveva dare risultati a fine maggio / inizio giugno ebbe un rilevante ritardo con risultati (incompleti se ricordiamo bene) ad agosto. L’avere affidato l’indagine alla Croce Rossa può essere dipeso da una più facile interlocuzione del Ministero della Salute e del Governo con la Protezione Civile rispetto alla conferenza delle Regioni. Ma i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL hanno sicuramente una maggiore capacità di raggiungere i residenti e conseguirne l’adesione anche grazie ai rapporti con i Medici di Medicina Generale.
Sia pure con ritardo, l’indagine sierologica ha stimato in 1,5 milioni gli italiani sierologicamente positivi a fronte di circa 250mila soggetti con tamponi positivi, confermando anche per l’Italia il rapporto di 1: 6 tra tamponi positivi e persone contagiate.
Nella seconda fase dell’epidemia la maggiore capacità di fare tamponi ha cambiato le cose e secondo molti il rapporto di 1:2 tra casi identificati e casi reali è credibile. E lo si pensa da prima di Natale.
Basterebbe essere un po’ attenti, avere un po’ di memoria, cercare fonti credibili e si eviterebbe di scrivere cose imbarazzanti tirando in ballo i Servizi Segreti per avere i numeri dell’epidemia. Se non fosse stupidità, sarebbe peggio.

L'app IMMUNI
Per l’ App Immuni, invece, si attribuisce il fallimento all’aver voluto rispettare eccessivamente esigenze di privacy per non urtare la sensibilità di una rilevante parte della popolazione. Probabilmente le ragioni sono altre.
E’ possibile che l’App Immuni non fosse un prodotto ottimale sotto il profilo informatico, ma non siamo in grado di valutare questo aspetto. Il vero limite è stato l’avere prodotto uno strumento informatico, ma non avere definito e garantito tutte le attività di supporto necessarie.
Se si pensa di utilizzare una App per tracciare i contagi, occorre la collaborazione dei cittadini. A tal fine, non è sufficiente la App, ma si deve anche costruire una rete di Servizi che garantisca l’effettuazione del tampone e la conoscenza dell’esito in 24 – 36 ore. E si devono dare informazioni semplici, chiare e certe alla popolazione.
Nella pratica, almeno in alcune Regioni, chi si segnalava come possibile contatto, riceveva l’indicazione restare in isolamento e di attendere di essere chiamato per il tampone, ma che non era certo che sarebbe stato chiamato. E come corollario erano garantite le risposte con l’esito dei tamponi solo per i casi positivi.
Le evidenti ricadute negative sulla vita e sul lavoro, anche per i “falsi allarmi“ (che sono la maggior parte delle segnalazioni di Immuni), hanno portato gran parte della persone ad evitare l’uso della App.

Come lista civica non ci scandalizziamo a priori per gli errori, ma non sopportiamo chi nega gli errori e continua a sbagliare; chi si rifiuta di vedere gli errori, di riflettere sugli errori e di imparare dagli errori. Anche perché molte volte non sono errori. Sono il frutto dell’ipocrisia di chi dichiara nobili obiettivi e poi, nella pratica, fa cose ignobili.
Abbiamo segnalato fino da aprile (leggi i post) che le informazioni diffuse sull’epidemia erano inadeguate (leggi qui e qui), che occorreva distinguere le ragioni per cui si facevano i tamponi, ecc.
Ma adesso il modo con cui è stata rilanciata una “non notizia” sulla differenza tra casi reali di Covid19 ed i casi individuati con i tamponi può essere definito “imbarazzante” solo se si è molto benevoli.
Forse dobbiamo dirci chiaramente che è un ulteriore tentativo di sollevare ombre e insinuare dubbi al fine di sostenere interessi non dichiarati durante una crisi politica.
E dato che l’epidemia è in corso, scegliere di intorbidare le acque invece che aiutare a capire è un’azione fatta sulla pelle degli italiani.

Carlo PROIETTI

  

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