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Grugliasco e il Deposito Nazionale dei Rifiuti Nucleari: che c'entra? Seconda puntata

Il post di ieri ci ha ricordato come, quando si parla di Grandi Opere, le vie delle lobbies sono infinite. Oggi proviamo a capire quali possono essere alcuni aspetti interessanti quando si parla di rifiuti radioattivi. Proviamo a capire su cosa sarebbe dignitoso prendere iniziative politiche. 

L’adeguatezza dei requisiti di sicurezza del deposito è un tema di sicuro interesse. Si tratta di una struttura che deve servire allo scopo per alcuni secoli. A leggere la descrizione (qui) noi profani restiamo ammirati dalle misure tecniche previste. Ma come facciamo a capire se i requisiti del deposito sono sufficienti ed adeguati? Non è sufficiente “credere che vadano” bene; non è una questione di fede!  Occorre capire, e per capire non abbiamo molte alternative: serve il confronto tra tecnici  di parti differenti.

Ma l’esperienza della TAV Torino Lione ci insegna che l’attuale politica non ama sentire critiche.  Ama il confronto solo se porta a risultati predeterminati. Quindi, restando alla zona ovest della provincia di Torino, negli ultimi 25 anni l’esperienza negativa si è avuta 2 volte su 2

L’adeguatezza dei criteri di localizzazione è forse l’aspetto che suscita maggiore interesse. I criteri sono pubblici (quie consistono in 15 “Criteri di Esclusione” e 13 “Criteri di Approfondimento”.

I “criteri di esclusione” escludono aree del territorio nazionale considerando:

  • - la stabilità geologica, geomorfologica ed idraulica;
  • - la capacità di confinamento dei rifiuti radioattivi derivante dalle caratteristiche idrogeologiche e chimiche del terreno;
  • - i vincoli normativi “non derogabili” di tutela del territorio e di conservazione del patrimonio naturale e culturale;
  • - l’isolamento del deposito da infrastrutture ed attività umane, in funzione dell’impatto reciproco derivante dalla presenza del deposito e dalle attività di trasporto dei rifiuti;
  • - l’isolamento del deposito da risorse naturali del sottosuolo;
  • - la protezione del deposito da condizioni meteorologiche estreme.

I “criteri di approfondimento”, oltre a costituire una verifica di quanto risulta dai criteri di esclusione, possono far escludere porzioni delle aree individuate e possono servire a definire una graduatoria.

Letto così, è tutto molto bello, ma se ci soffermiamo un po’, nascono dubbi.  Consideriamo per esempio 2 criteri di esclusione:

il “CE11. naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente

“Sono quelle aree ove sono presenti paesaggi, habitat e specie animali e vegetali tutelati: parchi nazionali, regionali e interregionali, riserve naturali statali e regionali, oasi naturali, geoparchi, Siti di Importanza Comunitaria (SIC), Zone di Protezione Speciale (ZPS) e zone umide identificate in attuazione della Convenzione di Ramsar

Il “CE14. caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo

“Lo sfruttamento di risorse del sottosuolo già individuate negli strumenti di pianificazione e vincolo territoriale [idriche, energetiche (gas, petrolio o di tipo geotermico) e minerarie] può essere compromesso dalla costruzione del deposito e può determinare insediamenti futuri di attività umane, compromettendo l'isolamento del deposito stesso.”

Insomma, per la tutela dell’ambiente si considerano “zone identificate ed inquadrate normativamente”. Per lo “sfruttamento (sic!!!) di risorse del sottosuolo”  invece è sufficiente che siano “già individuate”. Quindi per Ambiente ed economia valgono 2 pesi e 2 misure

I “criteri tecnici” non sono “solo tecnici”. Un po’ come certi  Tecnici chiamati a governarci.

Questi criteri, però, hanno il pregio di essere espliciti e permettono di inquadrare la situazione. Occorre  quindi  conoscerli, magari migliorarli e depurarli da scelte politiche mimetizzate tra i criteri. Una politica buona, non può quindi nascondersi dietro ai criteri tecnici, ma soprattutto non può buttarli a mare per interessi non dichiarati o non dichiarabili.

Ma quali sono le garanzie sul destino finale delle scorie ad alta radioattività derivanti dalle centrali nucleari?

I rifiuti radioattivi ad alta attività (“a lunga vita”), mantengono livelli di radioattività elevati  per decine e centinaia di migliaia di anni. Per l'isolamento di tali rifiuti non è possibile fare affidamento solo su barriere artificiali, ma ci si deve affidare a barriere naturali.

Occorre quindi un “deposito geologico” nel sottosuolo a notevole profondità (centinaia di metri), in una formazione geologica stabile (argille, graniti, salgemma). Questo consente l’isolamento dei radionuclidi dall’ambiente per periodi molto lunghi (fino a centinaia di migliaia di anni).

Il fatto è che esiste un unico deposito di questo tipo il WIPP (Waste Isolation Pilot Plant) a Carlsbad (New Mexico)

In Europa, la Svezia ( a Östhammar ) e la Finlandia ( a Olkiluoto) hanno individuato siti per il deposito geologico. La Francia ha individuato Bure come sito del deposito. La Germania, il Regno Unito, la Repubblica Ceca, la Svizzera e l’Ungheria hanno avviato  processi di localizzazione

Ma i Paese europei con quantità limitate di rifiuti a media e alta attività stanno valutando l’opportunità di costruire uno o più depositi di profondità condivisi, come previsto dalla Direttiva 2011 / 70 / EURATOM. L’Italia per i propri rifiuti a media e alta attività deve appunto fare condurre un’analisi di fattibilità per  un deposito da realizzare all’estero e condiviso fra più Paesi.

E il territorio italiano, non sembra certo essere luogo adatto per conservare rifiuti radioattivi per qualche centinaio di migliaia di anni. I criteri utilizzati per individuare le 67 aree per il deposito di rifiuti radioattivi paiono adeguati per la conservazione di rifiuti a bassa e media radioattività, non per altro.

Possibilità di limitare la produzione di nuove scorie radioattive.

Considerati i problemi esistenti, la possibilità di orientare la ricerca scientifica a trovare alternative all’uso di radionuclidi (già oggi non dissennato) può essere un’altra scelta lungimirante.

Insomma, il consiglio comunale avrebbe avuto occasione per cimentarsi con questioni che saranno al centro dell’attenzione in futuro e per “arginare l’antipolitica”  ma non se ne è neppure accorto.

Fine della seconda puntata

Carlo Proietti

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