Il nido è chiuso? Paga la retta e chiedi il rimborso...
A inizio maggio, oltre due mesi dopo l'inizio del lockdown, le famiglie degli utenti dei nidi di Grugliasco hanno ricevuto una lettera dall'amministrazione e dalle cooperative che gestiscono in convenzione i servizi per la prima infanzia. I firmatari, sindaco in testa, proponevano alle famiglie una azione assai bizzarra e che ha destato più di qualche preoccupazione sulla sua legittimità e legalità. In sostanza - dicono le autorità cittadine - anche se il nido è chiuso, è bene che paghiate lo stesso la retta (almeno quella minima), vi facciamo la fattura per il servizio prestato (a nido chiuso), così potete chiedere il rimborso all'INPS (bonus nido) (leggi la lettera). In effetti le educatrici dei nidi hanno organizzato e proposto interessanti servizi on-line per i piccoli costretti in casa dal coronavirus, ma non hanno certamente potuto occuparsi dei pargoli esercitando la funzione educativa del servizio "badandoli" di persona. Dunque è come se uno dei tanti ristoranti rimasti chiusi avesse proposto ai clienti di guardare dei video girati nella sua cucina pagando come se avessero consumato un pasto, con relativa fattura da scaricare nel conto spese delle ditta, per chi può. Solo che la ditta siamo tutti noi.
Come ben sapranno le famiglie utenti dei nidi, data la mancanza di posti ormai cronica (il modello lombardo funziona anche qui e per tutti i servizi), gli esclusi dalle graduatorie possono iscrivere privatamente i figli ai nidi cittadini, pagando la retta intera. Senza cioè usufruire delle tariffe convenzionate, decisamente più potabili. Giusto per dare un'idea, un posto part-time (mattina) in un nido locale costa oltre 500 euro mensili, mensa compresa, con ritiro del pargolo alle 13. Non sono quelli più ricchi, sono semplicemente quelli che, pur avendone diritto, non possono accedere perché i posti sono pochi e quelli convenzionati anche, a causa degli scarsi stanziamenti del Comune per integrare le rette. Loro, le famiglie dei "privati", oltre a quella del Comune, hanno ricevuto una seconda lettera dal contenuto analogo, anzi identico in quanto ricopiato in molte sue parti (leggi la lettera). Non manca la ventilata piccola minaccia finale di riduzione ulteriore dei servizi, trattati non come un diritto, ma come una concessione ai sudditi.
Che il Comune si preoccupi di garantire i dipendenti delle coop che gestiscono i servizi delegati è una bella cosa: oltre agli ammortizzatori sociali previsti dai vari DPCM governativi, una integrazione dei redditi decurtati è da lodare. Non si capisce perché il Comune non se ne faccia carico direttamente, magari tagliando i finanziamenti alle clientele e ridestinando i fondi previsti per attività che, purtroppo, quest'anno non si faranno (ad esempio il Palio). E, invece, scarichi il problema coinvolgendo le famiglie in affanno dopo tre mesi di mancanza del servizio, in una triangolazione che non sappiamo se sia truffaldina, ma che certamente solleva più di qualche perplessità. E che dire della cooperative, che servizio fattureranno alla famiglie per giustificare l'esborso?
Abbiamo provato a chiedere in giro se altri comuni hanno suggerito simili iniziative alle cooperative che gestiscono i servizi per loro conto e alle famiglie utenti, ma non abbiamo trovato riscontri. Sarebbe bello che qualche lettore ci fornisse dei riferimenti, se ne ha.
Mariano Turigliatto
PS Il bonus nido dell'INPS finanzia la frequenza per 11 mesi su 12 ai nidi mediante l'erogazione di un contributo commisurato al reddito della famiglia richiedente (per chi vuole saperne di più)
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