Università a Grugliasco: la parola a Turigliatto
Allora, come valuti la ripartenza del vostro progetto di allora?
Sono molto soddisfatto. Purtroppo sono passati vent'anni e alcune scommesse che avevano un senso allora, oggi hanno cambiato fisionomia e importanza. Ma si tratta comunque di una nuova occasione per la città. Può essere una ripartenza perché smuove Grugliasco in profondità con una iniezione di cultura, di gente giovane, di internazionalità. Può essere un'iniezione benefica, con ricadute forti sull'economia e sulla rete dei servizi, oppure semplicemente un cantiere, un'opera pubblica come le altre, un consumo di suolo forse evitabile. Dipende da come è gestito l'intervento e i vent'anni trascorsi non lasciano ben sperare.
Come mai?
Quando, ormai 26 anni fa, lanciando il progetto di insediamento dell'Università, partivamo da due criticità che abbiamo allora deciso di considerare opportunità. La deindustrializzazione: era cominciata la crisi dell'auto e, più in generale, erano cominciate le delocalizzazioni, i fallimenti, le chiusure, bisognava cercare altrove il rilancio della città. La corruzione e la politichetta al servizio dei privati: lo scandalo della Shopville Le Gru, gli arresti fra gli amministratori e i politici locali avevano prodotto discredito e lontananza, bisognava recuperare un rapporto con la città ferita, lanciando una scommessa che parlava al presente e al futuro. Forte la voglia di cambiamento, di trasparenza, di innovazione soprattutto nei servizi del Comune, nel suo rapporto con gli operatori privati e con i cittadini. L'Università è stata la risposta, non l'unica, ma certamente la più importante.
Le altre?
Le Serre, uno spazio a disposizione della città, un motore di cultura, socialità, divertimento e aggregazione: progetti e fondi dall'Europa, ottenuti dal Comune che ha gestito il progetto e poi i cantieri, ne hanno permesso il recupero e la restituzione alla città. Una gestione al ribasso - a tratti clientelare -ha ridotto il Parco Culturale a un ibrido inutile e certamente non attrattivo, anche per i 500 studenti di villa Claretta. Già perché non tutti sanno che la residenza studentesca di Villa Claretta è nata come villaggio media per le Olimpiadi invernali di Torino 2006, poi riconvertito a tempo di record alla funzione attuale. L'acquisto di Villa Claretta dai proprietari venne effettuato dal Comune nel 2001 con una triangolazione economica che consentì di portare villa e parco al patrimonio pubblico senza spendere un soldo della collettività. Ai cittadini sono rimaste la villa e il parco - ripeto - senza spendere un euro. Senza insediamento universitario (allora già pienamente funzionante) non avremmo potuto ottenere questo risultato (qui un documento importante relativo a questa operazione).
Torniamo all'insediamento Universitario, ricordiamo che, oltre ad Agraria e medicina Veterinaria, a Grugliasco c'era anche il Corso di Laurea in Tecniche della Prevenzione. Che fine ha fatto?
Fino a circa il 2011 era collocato all'interno della Scuola media Gramsci, poi alla Ungaretti, infine cacciato nel 2014 dal sindaco Montà. Adesso è a Collegno, alla Certosa. Più delle parole contano i fatti e questo "piccolo" episodio spiega bene i vent'anni di buco. Ricordo che al posto della scuola media ora c'è un campo di patate, forse il corso di laurea sarebbe stato più utile anche alla città.
Mi sembra di capire che forse è cambiato il ruolo del Comune, sia dei politici che dei tecnici. Cosa ha osservato a questo proposito?
Il progetto preliminare dell'università di più di vent'anni fa è stato costruito dal Comune in sintonia continua a costante con l'Università, che per inciso ha anche pagato profumatamente il Comune per il lavoro svolto. La preoccupazione di entrambi i soggetti coinvolti era quella di offrire una città accogliente al personale ai docenti e agli studenti, così da creare un luogo di studi che permettesse scambio, serenità e facilità di fruizione di servizi e relazioni. Il tutto non nelle remote campagne piemontesi, ma vicinissimo a una grande città. Le residenze universitarie sono state pensate qui anche per questo. La presenza del Comune si è fortemente avvertita in tutti gli aspetti collegati all'ideazione di un polo universitario innovativo e gli uffici comunali preposti ebbero la possibilità di lavorare con architetti e professionisti di fama e di analizzare modelli e insediamenti di tutta Europa. Era il lavoro non di un sindaco, ma di una squadra, di uno slancio corale con le sue bandiere e i suoi "lavoratori".
Mi sembra che le cose siano del tutto cambiate, non vorrei dire come. Preferisco offrire un questo link. Si tratta della presentazione - la scorsa settimana a Dubai - dell'area riservata alle attività di impresa collegate nella futura Butterfly Area - una specie di vetrina/collaborazione fra industrie e facoltà - del nuovo insediamento, quello i cui lavori sono iniziati ora. Il Comune di Grugliasco non c'è più, ma non è l'unica occasione in cui balza agli occhi questa scomparsa.
A cosa attribuisce questa scomparsa?
Alla debolezza politica, quando non all'inconsistenza culturale di chi dovrebbe essere dentro queste operazioni, rappresentando fino in fondo l'interesse (positivo) del territorio che accoglie. Costringendo gli interlocutori - e i cittadini - a una riflessione che produca una programmazione dei bisogni, delle azioni che bisogna intraprendere e poi operando. Non c'è squadra, non c'è progetto, non c'è slancio verso il futuro, almeno non mi sembra di vederlo. Non c'è neanche metodo e così di finisce per diventare subalterni e a rappresentare male l'interesse pubblico per il quale si è stati eletti.
Sia più chiaro.
Con l'Università arrivano non solo studenti, ma anche docenti, ricercatori, personale amministrativo, visiting professors e così via. Quali sono politiche perché comprino e consumino a Grugliasco? Quale è l'idea di gestione del territorio, dell'edilizia e dei servizi a fronte dell'obbiettivo di offrire occasioni di vita qua, senza che si debba necessariamente andare a Torino sempre? Queste domande non valgono solo per il futuro, valevano anche per il passato e valgono per il presente. Forse i nostri concittadini non sanno che, per gli studenti universitari, oggi l'essere destinati alla residenza di Villa Claretta è una sciagura, specialmente perché i loro colleghi più fortunati ottengono una residenza in centro o in semiperiferia a Torino, con trasporti e servizi che non li rendono dei reclusi, specialmente nelle ore serali. Il tema dell'isolamento si conosceva, ma il Comune non ha fatto nulla per valorizzare questa presenza. Lo stesso per la cosiddetta "Città della Conciliazione" - pensata per offrire servizi alla Città e all'Università - realizzata con i fondi per le Pari Opportunità e dove nemmeno l'Acquarelax è stato fatto funzionare.
Quali rischi intravede per il futuro?
Che il Comune continui con il nulla pneumatico di questi anni, quello che non ha capitalizzato l'arrivo di oltre 4000 persone, in prevalenza giovani ben scolarizzati, per fare alla città il salto che poteva. Non si vedono segni di inversione, l'operazione edilizia già ora guarda di là dalla ferrovia, verso Torino. La scommessa era che guardasse dall'altra parte per far stare meglio anche la nostra città.
E dunque?
Ci vuole metodo, una squadra che non ha paura di imparare, battagliare, sbagliare, lanciarsi in una scommessa che non contempla il basso cabotaggio. Per provare a giocarla, ci va un altro stile, altra cultura, altro personale politico. Non è un problema di nomi, di partiti e di anagrafe, ci vuole proprio un altro stile e un profilo decisamente più orientato a costruire una squadra capace di parlare alla città e con la stessa passione, anche all'Università. Vedremo.
intervista raccolta da Carlo Proietti
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