Pillole di storia Grugliaschese 7
PAPAVERI e FIORDALISI (La duna di S.Lorenzo)
Quando
ero piccolina il mondo, partendo da C.so Francia, finiva in v.
Baracca e questo ci faceva sentire più collegnesi che grugliaschesi,
per noi che abitavamo da quelle parti.
Prima
che venisse costruito il complesso scolastico di v. da Vinci, l’ex
struttura A.S.L. (ora parte delle Facoltà Universitarie), Corso
Torino, il campo di calcio del S. Remo e la piscina comunale,
vivevamo immersi nei campi di grano.
Da
dove finiva v. Baracca, angolo v. da Vinci (ed anche questa via
finiva lì), dove ancora adesso finisce il muro di recinzione del
vecchio Manicomio femminile ed infantile (reparti distaccati, del più
famoso manicomio di Collegno), partiva un sentiero tra i campi di
grano, che portava fino a v. Cravero per poter andare al cimitero. Un
sentiero così piccolo, che si doveva camminare con un piede dietro
l’altro!
In
estate, verso giugno, luglio, poco prima della mietitura del grano,
c’era l’esplosione della fioritura dei papaveri e dei fiordalisi.
Spesso in quei giorni, io e la mia mamma andavamo la sera (che era
già abbastanza chiaro), tra i campi a raccogliere questi bei fiori,
arrivando fino alla Duna di S. Lorenzo. Non c’era quasi mai nessuno
oltre a noi, tra i campi a quell’ora e venivamo a casa con
bracciate intere di papaveri e fiordalisi, che mamma metteva qua e là
per la casa in vasi di vetro, pieni d’acqua. La casa si riempiva
dell’aroma forte del papavero che quasi stordiva e ci rimaneva per
diversi giorni (fino a quando, tutti i papaveri, non erano ormai
appassiti). Era strano (ma allo stesso tempo bellissimo) vedere tutti
i campi esplodere di un intenso color rosso fuoco e soltanto la duna,
diventare come un immenso occhio azzurro, puntato verso il cielo!
La
duna, sembrava altissima per me, e salirci quasi una scalata. Ma
arrivati sopra si vedeva un bel panorama, che andava dalle case
lontane sul confine di Torino e i campi di B.ta Paradiso, fino al
centro città… “A Grugliasco”, come si diceva noi. Perché
Grugliasco era lontano per noi bimbi, oltre i campi.
In
primavera poi, essendoci ancora le coltivazioni e non essendo diffuso
l’uso di pesticidi o prodotti chimici per l’agricoltura,
arrivavano le rondini. Ne avevamo un paio di nidi sotto il cornicione
del tetto, sul balcone della mia cucina, al lato sud della casa.
Aspettavamo il loro arrivo ogni anno, perché poi nidificavano ed era
bello vedere i genitori, crescere i loro piccoli. Ma, con la
cementificazione della zona, le rondini sono scomparse e tutto è
morto.
C’è
da segnalare però un dato positivo: dall’insediamento delle
Facoltà Universitarie vicino alle nostre case, sono tornate a
vedersi nei nostri giardini molte specie di uccelli: i pettirossi e
le cince allegre. Le cinciarelle ed i colombacci… Ma anche i picchi
verdi! I cuculi, ed anche ultimamente, degli uccelli notturni: questi
non si vedono ma si fanno sentire molto bene!
Alle
gentili rondini si sono andati a sostituire gli spietati corvi. Dei
carnivori, che come i rapaci cacciano in volo. Da un lato
interessante, ma dall’altro impressionante è stato osservare un
giorno, la caccia in volo di un corvo che cercava di uccidere un
passero, nettamente svantaggiato e senza scampo.
Negli
ultimi anni poi, si sono aggiunti anche enormi stormi di gabbiani
delle discariche: una specie di maiali volanti!
Panta
rei!
Dicevo
della duna di S. Lorenzo. Questa è senza dubbio la seconda duna per
importanza sul nostro territorio. Gli amici appassionati di geologia
hanno studiato molto anche questa; o meglio il complesso di piccole
dune, che vanno a formare il sito della duna di S. Lorenzo che risale
a circa 125.000 anni fa. Nei primi anni ‘90 è stata riscoperta una
delle dune del complesso di S. Lorenzo, che fa parte degli attuali
terreni di semina sperimentali, del Laboratorio di Patologia
Vegetale, della Facoltà di Agraria dell’Università di Torino:
ingrassata con uno strato di argilla (poco profondo: anche negli anni
‘50, quando erano stati fatti gli scavi per le fondazioni delle
case del quartiere, il tutto si vedeva bene) è ora coltivabile.
Questo complesso di dune è segnalato anche su di una mappa del 1801,
del periodo napoleonico. Le mappe militari di questo periodo, sono
molto dettagliate ed in alcuni casi ancora oggi utilizzate, per via
della loro precisione. Gli originali sono conservati all’Archivio
di Stato di v. Piave in Torino, alla Sezione Mappe.
Se
avete voglia di fare una passeggiata, utilizzando la pista ciclabile
o quella pedonale, che collega il centro città a Borgata Paradiso,
seguendo Corso Torino, vedrete molto bene questa duna, fino al muro
di recinzione, verso il campo con cui confina ed ospita il pozzo
dell’acquedotto in regione detta: Gran Pascolo.
Una
duna notevole di circa 200 mt. di lunghezza sull’asse nord – sud
e 100 mt. di larghezza, per 6 mt. di altezza.
Quando
non vi erano costruzioni, ma solo campi coltivati, la duna era
decisamente più imponente o forse lo sembrava, perché libera da
ostacoli visivi. Dopo l’insediamento delle Facoltà, essendo stata
ricoperta con coltivazioni, l’impressione visiva, è di una
ulteriore riduzione dei volumi.
Nei
secoli passati su questa duna vi era stata costruita una cappella e
nei primi decenni del secolo passato, è stata uno dei luoghi
preferiti per girarvi gli esterni di alcuni film muti, come il famoso
Cabiria di Pastrone. Ma queste sono altre storie!
Riferimenti:
Notiziario
di “Ad Quintum”, anno VII, n° I marzo 1994.
Manuela Mariuzzo
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