Bambini e famiglie in fuga dal dirigente bullo: chi se ne occupa?
Così la signora Maria, mamma di Marco, circa dieci giorni fa
decide di affrontare di petto il problema che affligge suo figlio e la sua
famiglia da quando ha cominciato a frequentare la scuola dell’infanzia statale
a cui è stato iscritto. Il bambino è già a casa da qualche giorno, se ne
occupano i bisnonni perché genitori e nonni lavorano (pagano anche le tasse con
cui si finanzia la scuola pubblica, stipendi degli addetti compresi), ma non
può essere una soluzione. La signora ha chiesto al dirigente di cambiare classe
o scuola al figlio, ma non ha ottenuto altra risposta che latitanza,
insofferenza, giustificazioni, rinvii. Ha anche scritto per chiedere
ufficialmente un provvedimento che permetta al suo bambino di avere una scuola,
una classe, insomma di esercitare il suo diritto allo studio, ma il dirigente
da un certo punto in poi tace: non risponde alle e-mail, alle chiamate
telefoniche, nemmeno alle pec. Se ne sbatte talmente che non risponde neppure
alla comunicazione dell’avvocato che, nel frattempo, la famiglia di Marco ha
interpellato.
Il dirigente fa il duro: il bambino si aggiusti, la famiglia
pure, nella SUA! scuola comanda lui. Niente di nuovo in un paese nel quale i
servizi pubblici sono spesso governati da pusillanimi che trattano le cose di
tutti come fossero di loro proprietà.
La famiglia si mette alla ricerca di un’altra scuola dove Marco
deve poter ritrovare la serenità perduta, così si rivolge ad altri Istituti
comprensivi della città: fanno fatica a soddisfare la richiesta – dicono – i bambini
in fuga dalle scuole del dirigente bullo cominciano a essere troppi e le richieste
crescono ben oltre le possibilità. Ci provano lo stesso, studiando con la
famiglia una soluzione che risolve la faccenda. Da lunedì Marco potrà tornare a
scuola e potrà perfino usufruire del pisolino quotidiano, quello che in altre
scuole della città è precluso anche ai bambini più piccoli. Tutto in una scuola
pubblica statale, efficiente come è giusto che sia e capace di offrire risposte civili in tempi accettabili, soprattutto rispettose delle persone.
Nella città tutto scorre come prima, i politici anche quelli chiamati in causa dalla famiglia di Marco - si
interessano della loro promozione pavoneggiandosi sui social mentre fanno cose
inutili e incomprensibili; genitori e nonni borbottano davanti ai cancelli
delle scuole, incapaci di organizzarsi per far valere il loro diritto a una
scuola moderna, inclusiva e competente, spesso costretti all’affannosa ricerca
di una soluzione individuale che garantisce solo sopravvivenza e accompagna lo
scadimento del servizio.
Nella scuola dell’infanzia del dirigente bullo la dipartita
di Marco ha lasciato un posto vuoto nella classe dell’urlatrice, così rigorosa
e intoccabile:
“Pronto, parlo con la mamma di Luana? Ci sarebbe un posto
per la sua bambina che è iscritta nella nostra lista d’attesa. Venga,
concordiamo l’inserimento”. La giostra riparte, nuova carne arriva a nutrire la
scuola che affonda.
Purtroppo questa non è una storia di fantasia. I nomi e
le situazioni sono stati modificati per evitare che il bimbo e la sua famiglia
fossero riconoscibili. Di tutto quanto ho scritto possiedo documentazione di
riscontro.
Mariano Turigliatto
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