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Morti sul lavoro: facciamo chiarezza, trovare la strada per evitarle

In questi giorni, a seguito di una serie di morti sul lavoro, abbiamo sentito esprimere molti buoni sentimenti e proclamate molte buone intenzioni. 

Cosa sappiamo sulle cause? Cosa dobbiamo pensare dei proclami? Cosa dobbiamo pretendere?

Alcune cose possono essere dette con la massima chiarezza.

1) Sappiamo che quando si "esce da una crisi economica" e c'è una "ripresa" gli infortuni lavorativi aumentano. Di numero e di frequenza. Perché? Le aziende prendono qualsiasi lavoro. Sistemano macchinari nuovi ed attrezzature "alla buona"; la prevenzione, la formazione e l'addestramento vengono dopo.... 

2) Sappiamo che prima della "pausa estiva" , l'ultima settimana di luglio e la prima di agosto (oggi anche la seconda) si verificano più infortuni gravissimi e mortali. Perché? Fretta di finire i lavori, caldo, stanchezza. Manutenzioni sovente non programmate e mal organizzate. Ecc. 

3) A tutte le ondate di indignazione per i morti sul lavoro seguono promesse di assunzioni di "ispettori" per gli ispettorati del lavoro.  Peccato che con la L. 833/1978 le competenze in materia di sicurezza e salute sul lavoro siano state trasferite al SSN. Dal 30 giugno 1981 le attività di vigilanza (e più in generale di prevenzione) sono svolte dai Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPreSAL o altri acronimi) delle ASL. Gli Ispettorati del Lavoro (oggi INL) hanno riacquistato, nel 2008, alcune funzioni di controllo per alcuni comparti, funzioni da coordinare con le ASL.

4) Solo in rari casi si è correttamente parlato di risorse alle ASL. Il più importante è il dopo la tragedia alla ThyssenKrupp, quando l'assessore regionale Eleonora Artesio operò per incrementare di 100 operatori l'organico degli SPreSAL.  Il risultato fu l'arrivo di 35-36 operatori agli SPreSAL piemontesi. Gli altri assunti furono distribuiti con approccio clientelare tra svariati Servizi con altre competenze. Possiamo dire senza colpe di Artesio e per "merito" di un epidemiologo che oggi è riuscito ad avere brevi attimi di notorietà per la pandemia.... 

5) In Italia più del 95% delle aziende ha fino 5 addetti. Se escludiamo i lavoratori individuali (circa 2 milioni) le aziende fino a 5 addetti sono comunque più del 90% delle imprese. In queste piccole aziende il clima  è "Comunque qui da noi non è mai successo nulla di grave!" 

6) Servono più ispezioni per la sicurezza sul lavoro. È vero. Però servono procedure amministrative e strumenti tecnologici per renderle più agili. Ma occorre che siano attività condotte nell'ambito di programmi che integrino informazione e assistenza. Soprattutto, ma non solo, per le caratteristiche del sistema delle imprese.

7) Occorre decidere cosa si deve/vuole fare. Dopo i morti sul lavoro si parla della necessità di fare più "inchieste" sugli infortuni gravi. Una prima considerazione è che le inchieste arrivano dopo gli eventi. Non "sono" prevenzione. Possono produrre sicurezza per effetto della deterrenza; ma non è automatico. Bisogna usare i risultati.  Le "inchieste" sovente producono conoscenza utile alla prevenzione. Però occorre utilizzarla. Preferibilmente subito. Le esigenze di tutelare segreto delle indagini sono reali. Ma sono usate a sproposito e seppelliscono tutti gli esiti utili alla prevenzione. Probabilmente il problema sta più nella cultura dei Servizi di prevenzione che non nella Magistratura. E siamo certi che le differenti esigenze possano essere conciliate con ricadute positive per la prevenzione. 

8) Ma  se è importante che gli infortuni gravi siano sottoposti ad indagini per accertare le responsabilità, non si può accettare che per qualsiasi infortunio "grave" (prognosi > 40 gg) si richieda un'indagine formale. Nell'ultimo decennio i criteri di selezione di natura "tecnico- professionale" sono stati sostituiti da criteri burocratico amministrativi. Vengono cosi richieste /condotte  "paccate" di inchieste con uno scontato  esito inutile. Altrimenti, magari lievitano gli indicatori di produttività della Magistratura, ma vanno a picco gli outcome della prevenzione. Occorre definire un tetto alla quantità di risorse che possono essere destinate alle sacrosante esigenze della Magistratura. Altrimenti le risorse sono sottratte  ad attività con maggiori ricadute prevenzionistiche. 

9) "Servono piu controlli". Sì. Ma non basta. Analisi condotte negli ultimi 15 anni sugli infortuni mortali o gravissimi
indicano che un sopralluogo condotto il giorno precedente non avrebbe evitato il 70% degli eventi. Le attività lavorative variano molto. A parte il "cuore" dell'attività, ce ne sono molte altre che subentrano di continuo. Attività occasionali o fasi di lavoro di breve durata, hanno sovente un elevatissimo contenuto di rischio. Occorre cultura. Conoscenza. Ma anche regole e responsabilità specifiche. 

10) La valutazione del rischio, oggi come oggi, è una pratica retorica ed inutile per quasi tutte le piccole aziende. In occasione delle ispezioni i datori di lavoro mostrano orgogliosi corposi documenti, elegantemente stampati a colori. Intonsi. E sovente ci restano male quando, facendo leggere il DVR, scoprono che descrive attività diverse da quelle svolte dall'azienda. I consulenti più sbadati dimenticano perfino di correggere il nome dell'azienda... Nel rispetto delle direttive UE occorre garantire alle piccole aziende (<5 addetti) l'accesso a valutazioni di rischio (e misure di prevenzione) che affrontino le loro specifiche situazioni. Si scontenterà un mare di "esperti", ma si permetterà agli esperti n sicurezza di lavorare meglio. 

11) Occorre attribuire responsabilità ai consulenti per la sicurezza  e RSPP. Non in alternativa alle responsabilità dei datori di lavoro. Non solo per gli omicidi colposi. Ma anche per atti ("valutazioni", "misure di prevenzione", ecc.) erronei, carenti, quando non decisamente falsi. 

12) La formazione ed addestramento per la sicurezza sono importanti. Ma non possono sostituire altre misure e devono essere coerenti con quanto si fa in azienda. Moltissimi hanno ricevuto formazione per la sicurezza sul lavoro. Ma quante volte il formatore dimostrava di conoscere le attività aziendali e la formazione si riferiva  a cose specificamente applicabili? 

Si potrebbe andare oltre. Ma soprattutto occorre ricordare e il tema della sicurezza sul lavoro (e del lavoro) al centro dell'attenzione. Gli esperti, non possono essere come i virologi che allietano le nostre serate:  coltissimi, ma lontani dalla realtà e dalla pratica della prevenzione. 

Carlo Proietti

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