Pillole di storia Grugliaschese 6
QUANDO
A GRUGLIASCO NON CI FU LA PESTE
Questo mese, parleremo di quel che accadde nel settembre del 1598, a Torino e buona parte del Ducato Sabaudo “al di qua e al di là dei monti”. E lo faremo con l'aiuto dell'allora farmacista di Grugliasco. Ma qual'era il clima politico e sociale di quegli anni?
In quegli anni vi era in corso una continua strategia di “tensione” ai confini tra la Savoia ed il Regno di Francia.
Il piccolo Ducato di Savoia si trovava allora tra due vere e proprie “super potenze politiche”: il Regno di Spagna ad est (avendo questo il dominio sul Lombardo-Veneto) ed il Regno di Francia ad ovest. Entrambi questi stati avrebbero voluto annettere il Ducato ai propri territori per espandere il proprio dominio.
Ovviamente
la casata sabauda non poteva permettersi una guerra su entrambi i
fronti, con le sole proprie forze, così trovò una soluzione più
diplomatica per garantire la propria sopravvivenza ed indipendenza.
Optò per un’alleanza “parentale”: in pratica un Duca sposava
ad esempio una delle figlie del Re di Spagna; in questo modo si
garantiva un’alleanza militare contro il Regno di Francia. Il suo
primogenito poi, sposava una delle figlie del Re di Francia e questo
gli garantiva, una volta salito al trono, l’alleanza militare
contro il Regno di Spagna. Questi apparentamenti, che si alternavano
durante le varie generazioni, garantivano uno status-quo che stava
alla base dell’indipendenza del Ducato Sabaudo.
era
già morta per i postumi del parto da un anno circa, nel mettere al
mondo la sua decima figlia Giovanna, anche lei morta alla nascita. Ma
nonostante ciò, l’alleanza tra il Ducato di Savoia e la Spagna,
era ancora solido, tanto che la pressione del Regno di Francia ai
confini della Savoia, non diede troppo pensiero al Duca…
Negli
ultimi giorni di agosto però, accadde una cosa inaspettata ed
improvvisa, che gettò Torino e buona parte del Ducato nel panico: un
soldato proveniente dalla Savoia, fermatosi a Rivoli morì di peste!
Fu
subito allarme sanitario! Gli Ufficiali di Sanità, ordinarono
l’immediata chiusura dei centri abitati con veri e propri cordoni
sanitari per impedire (per quanto fu possibile!) il diffondersi del
contagio nel Ducato: soprattutto nella capitale.
Come
dicevamo nelle righe sopra, la duchessa era già morta ed il duca, in
quel momento si trovava in Savoia. In Torino, al palazzo ducale, vi
erano rimasti solo i principi e per evitare che gli eredi al trono
morissero di peste, la loro istitutrice, la marchesa di Garessio
Eleonora Spinola, li trasferì nel territorio del suo feudo, dove vi
rimasero per diversi mesi, fino al gennaio (circa) del 1600.
Quando
fu dichiarata completamente conclusa l’epidemia e poterono
rientrare senza pericoli alla capitale, vi trovarono una città con
molti meno abitanti: dei 15.000 che avevano lasciato, soltanto 4.000
erano sopravvissuti. Ma di questo ne parleremo più approfonditamente
in seguito.
Ma
cosa accadde a Grugliasco in quei giorni? Praticamente nulla. Se
andiamo a leggere i registri catastali del nostro comune, antecedenti
l’epidemia (1581) ed immediatamente seguenti (1621) o i “libri
delle mutazioni” tra il 1609 ed il 1614, non si notano grandi
eventi che riguardano avvicendamenti dovuti a grandi morie di popolo.
I cambiamenti dei proprietari, seguono un flusso (se così vogliamo
chiamarlo) di normale routine, dovuti alle compravendite o alle
successioni ereditarie.
Un
quadro completamente diverso invece abbiamo, leggendo i registri a
cavallo dell’epidemia del 1630, dopo la quale si nota la scomparse
di intere famiglie. Ma questa è un’altra storia!
Quello
che accadde in quei mesi ce lo racconta lo speziale di Grugliasco,
che firma il suo racconto soltanto con il nome di battesimo: Claudio!
Perché
ci riferiamo a settembre? Ce lo spiega Claudio al paragrafo 14 del
suo sonetto, quando ci racconta che si organizza nel gennaio del
1599, l’arrivo della statua di S. Rocco. Al verso 2° e 3° scrive:
“Incontinente si fè congregazione/ Che cinque mesi già non s’era
fatta…”, cioè: “si fece subito una riunione pubblica/ che
erano già cinque mesi che non se ne faceva”.
Anche
se non lo specifica, è chiaro che le pubbliche riunioni erano
proibite per evitare il diffondersi della peste. Ma non essendovi più
rischi di contagio (almeno per Grugliasco) e dovendo arrivare in
paese la statua, era necessario organizzare il suo ricevimento.
Contando
a ritroso i cinque mesi di cui si parla, torniamo al settembre del
‘98. Pochi giorni quindi, dopo l’allarme epidemia ed al paragrafo
2° del sonetto, in cui si narra che appena si ebbe notizia
dell’epidemia, subito si votarono tutti a S. Rocco. Nel paragrafo
3° si sottolinea che ad esortarli fu il parroco (don Domenico Ratti)
ed al 5° paragrafo ci dice che, appena si fece il voto scomparve il
male (ultimi 2 versi).
Quindi
i grugliaschesi si votarono a S. Rocco nel settembre del 1598. E fu
davvero un miracolo che in quei mesi qui da noi non successe quasi
niente! Non era normale! Infatti ce lo ricordiamo ancora oggi!
Chi
è l’autore di questi versi?
Lui
si firma come il farmacista del paese e scoprire a quale famiglia
appartenesse non sarebbe difficile: come oggi, anche allora i
farmacisti erano iscritti ad un albo professionale. Basterebbe quindi
consultare i documenti di quel tempo, conservati all’Archivio di
Stato.
Se
si volesse invece andare ad intuito, possiamo dire che in quegli anni
il nome Claudio era raro e a Grugliasco ven’erano soltanto 4 o 5.
Il più papabile – perché doveva appartenere ad una famiglia che
poteva permettersi di far studiare all’Università i figli –
sarebbe Claudio Panealbo. Ma non può essere lui, perché questo
Claudio era Procuratore di Torino, era sposato con una certa Anna ed
aveva quattro figli! Abitavano in Torino e alcuni dei figli erano
stati battezzati nella chiesa di S. Dalmazzo, dove i Panealbo avevano
le sepolture di famiglia.
Una
cosa è certa: Claudio apparteneva alla Confraternita di Santa Croce,
perché parla solo di questa, esaltando tutto ciò che avevano fatto
in quei mesi. Non cita mai le altre 3 o 4 confraternite esistenti,
che definisce solo “chieseria”.
Un’ultima
curiosità: in quel tempo, le cappe dei confratelli di S. Croce erano
di colore avorio, come vengono citate (casualmente) in un verbale di
una visita pastorale del Vescovo di qualche anno prima e non nere,
come poi vedremo citate in altri scritti del ‘700/’800.
Manuela Mariuzzo
Fonti:
“Giornalino della parrocchia di San Cassiano: celebrazioni
in onore di San Rocco nel 350° anniversario del miracolo della peste 1599 –
1949. Parroco don G. Perino pievano”.“Documenti dell’Archivio di Stato, sulla Corte sabauda”.
“Verbali delle Visite Pastorali ed Apostoliche, dell’Archivio Storico dell’Arcidiocesi di Torino”.
Nessun commento
Posta un commento