Pillole di storia Grugliaschese 4
COSTANTINO IL GRANDE E LA DUNA DI SANTA MARIA
Avevamo
lasciato il “fundus” di Currelio, intorno al 200 d.C. in un
momento molto florido della storia dell’Impero Romano. Ma tutti
possiamo immaginare che, più l’Impero si ampliava, più diventava
difficile gestirlo e governarlo. Un impero che andava dalla Siria e
Giudea, alla penisola Iberica, sull’asse est-ovest.
E
dalla Britannia (escludendo l’attuale Scozia, abitata dai Pitti e
dagli Scoti, che tanta pena diedero all’imperatore Adriano), fino a
tutta la costa del Nord Africa (dalla Mauritania, alla Valle del
Nilo), sull’asse Nord-Sud.
Riprendiamo
il nostro cammino nell’anno 312 d.C.:
un anno molto importante, non solo per la storia del nostro
territorio, ma per le sorti dell’intero Impero, che vedrà iniziare
il suo inesorabile declino, fino al completo dissolvimento e
trasformazione in qualcosa di molto diverso. Facciamo soltanto un
piccolo passo indietro, per capire meglio, cos’era successo qualche
anno prima.
Nel
284 d.C., Diocleziano divide l’Impero in due: Impero d’Oriente
ed Impero d’Occidente;
ciascuno governato da un Imperatore con il titolo di Augusto,
affiancato ed assistito da un Cesare,
che sarebbe diventato automaticamente il suo successore. I due
Imperatori scelsero due nuove capitali: Milano e
Nicomedia (nella
Turchia continentale, nei pressi del Bosforo).
Nasce
la Tetrarchia: una riforma
politico-amministrativa, per poter governare meglio l’Impero, ma
che nella realtà non funzionerà, viste le lotte intestine tra i
Tetrarchi, che porteranno alle guerre civili di qualche anno dopo.
Quando
improvvisamente morirà Costanzo (in Britannia), i militari
dichiareranno suo successore il figlio Costantino.
Il governo legittimo però, nominerà erede Severo,
concedendo a Costantino di essere designato suo successore alla morte
di questo.
Dopo
poco il figlio di Massimiano (che
aveva abdicato) Massenzio, imita
Costantino e si fa nominare a sua volta Augusto a Roma. Questo
provoca l’opposizione degli altri due Tetrarchi e l’intervento
del padre Massimiano in favore del figlio.
Solo
Costantino, viene riconosciuto come uno dei legittimi governanti,
mentre Massenzio viene dichiarato un usurpatore. Il padre Massimino
per difenderlo, inizia una lotta soprattutto contro Costantino, ma
verrà sconfitto dalle sue truppe a Marsiglia nel
310 d.C. e si
ucciderà.
L’anno
successivo, morirà anche Galerio (uno dei Tetrarchi) e Costantino
muoverà contro Massenzio per riunire parte dell’Impero. Da York
riunisce un notevole esercito e
muove verso l’Italia, oltrepassando i valichi alpini, verso le
città più strategiche da un punto di vista politico e militare.
Dapprima
entra in Italia oltrepassando il Valico
del Moncenisio,
con un esercito di ben 90.000
fanti
e
8.000
cavalieri.
Scesero verso Susa,
vi posero l’assedio ed una volta preso l’avamposto, lo
incendiarono. Incendio però, che venne spento, visto che gli
abitanti si allearono con lui. Quindi Costantino si diresse
sull’Augusta
Taurinorum,
dove si scontrò con l’esercito inviatogli contro da Massenzio,
dotato di un forte contingente di cavalleria: Costantino, notò che i
cavalieri di Massenzio avanzavano in formazione
a cuneo,
ed ordinò al proprio centro di arretrare, allargando il più
possibile il fronte del proprio schieramento formando
un ventaglio,
in modo che i fianchi si chiudessero sul nemico, il quale (avendo un
equipaggiamento pesante) non era in grado di manovrare con rapidità.
Al contrario Costantino, disponeva di una cavalleria con armamento
leggero, e quindi maggiormente mobile. Inoltre, Costantino aveva
dotato i suoi uomini di mazze chiodate che, essendo contundenti,
rendevano meno efficace la corazzatura pesante dei cavalieri
avversari. Successivamente Costantino ordinò ai suoi fanti, di
avanzare contro quelli di Massenzio per tagliarne la via di fuga. La
vittoria giunse di conseguenza, in modo assai facile.
Gli
abitanti di Torino si rifiutarono di dare asilo alle truppe in
ritirata di Massenzio, chiudendo loro le porte d’accesso alla
città. Al contrario applaudirono le truppe di Costantino, dopo che
queste ebbero ucciso i soldati di Massenzio, intrappolati contro le
mura. In seguito, Costantino entrò in città per essere acclamato
dai suoi abitanti.
Ma
cosa centra tutto questo con la Duna di Santa Maria?
Studiando
le sabbie del sottosuolo grugliaschese, molta attenzione gli
appassionati della materia hanno dato, ai reperti ritrovati tra le
sabbie della Duna di S. Maria: in particolare un’ascia da battaglia
di epoca romana, ma soprattutto due denti ed una vertebra di
cavallo.
Questi
ultimi, di per sé non destavano particolare interesse, se non fosse
stato per via della sabbia calcificata, presente su di loro: questo
dimostrava una lunghissima permanenza tra le sabbie. Ma anche un
altro particolare incuriosiva: facevano parte di un’enorme
quantità di ossa di cavalli,
ritrovate durante uno scavo. Si parlava di un trasporto di numerosi
carichi avvenuto con autocarri e documentati dagli addetti ai lavori.
Un
tale ammasso d’ossa, poteva avere solo due spiegazioni: un
seppellimento a causa di una moria per via di una epidemia, in
un’area poco frequentata da altri animali domestici, per evitare un
ulteriore contagio. Oppure uccisi su di un campo di battaglia.
Gli
appassionati e studiosi di storia locale, definiscono quest’area in
varie epoche, campo di molte battaglie e quella su cui più si è
discusso, è proprio quella dei Campi Taurinati,
tra gli eserciti di Costantino e Massenzio.
Questo
perché all’epoca, quest’area aveva le condizioni migliori per lo
svolgimento della battaglia in questione. Soprattutto partendo dal
fatto che, l’estensione della Duna sul territorio rispetto ad oggi
era decisamente maggiore; ancora nel 1800,
le misurazioni geologiche davano una lunghezza di 810 metri
(asse est-ovest) ed una larghezza
di 300 metri (asse nord-sud).
Ad oggi le misure sono quasi la metà.
Tornando
su quanto già detto la scorsa volta, sulla natura sabbiosa del suolo
grugliaschese, chi ha ripreso in mano gli studi su questa battaglia
nel 1971 prima e ancora nel 1996 poi, rileggendo le due principali
tesi, riguardanti la collocazione del campo di battaglia: la prima lo
colloca nell’area tra Rosta, Rivoli ed Alpignano,
mentre la seconda tra Rivoli, Collegno e Grugliasco,
preferisce spostarlo verso il nostro territorio. Questo perché le
nostre Dune, essendo pura sabbia (in particolare quella di S. Maria,
anche per 10 mt. di profondità), erano certamente prive di
vegetazione: realtà ben diversa, riguardo la prima ipotesi. Questo
garantiva una maggiore visibilità per
i comandanti ed una maggiore libertà di manovra degli
eserciti.
L’esercito
di Massenzio quindi, poteva predisporsi, con la cavalleria corazzata
sul lato nord della Duna, verso l’imbocco della Val Susa, da dove
arrivava il nemico e mettere al “riparo” parte della fanteria,
sul lato sud della Duna, per un eventuale secondo attacco, verso
l’esercito di Costantino!
A
rafforzare quest’ipotesi, alcuni ritrovamenti nell’area di Regina
Margherita, di tombe
di soldati romani, sia pagani
che cristiani,
con al fianco la loro daga: arma tipica in uso presso l’esercito di
Costantino (variante del gladio). Interessante il riferimento alla
diversità di sepoltura, a seconda delle religioni professate dai
legionari. Infatti Costantino, giunto a Mediolanum, capitale
dell’Impero d’Occidende, promulgò il noto editto
che dava libertà di culto ai
cristiani, ponendo fine alle persecuzioni dei secoli precedenti. Ma
quella della diffusione del cristianesimo sul nostro territorio, è
un’altra storia…
Manuela Mariuzzo
Riferimenti:
- it.wikipedia.org:
Portale Antica Roma.
- www.adquintum.com
- “Bollettino
del Gruppo Archeologico – Ad Quintum – 2002 – n° 10”.
- “Popoli
e civiltà” – vol. III – Fratelli Fabbri editori – A.A.V.V. –
Stampato in Milano 1968.
- “Storia
Universale Illustrata – vol. V° Dalla disgregazione dell’Impero
Romano, al nuovo Impero Carolingio” - Fratelli Fabbri Editori –
Stampato e registrato presso il Tribunale di Milano, il 7 gennaio
1970.
Nessun commento
Posta un commento